Arte, Architettura e Psicoanalisi nella Vienna della Belle Époque
Introduzione
Gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Novecento furono particolarmente floridi per la città sul Danubio, come raccontato nell’articolo dedicato all’arte e alla musica. In quegli anni Vienna non divenne soltanto una metropoli, passando da un milione a più di due milioni di abitanti, ma fu anche luogo di grandi cambiamenti, sia dal punto di vista delle innovazioni in campo artistico e architettonico che nell’ambito sociale, culturale e scientifico. L’arte della cosiddetta “Wiener Moderne” della Belle Époque ancor oggi affascina gli spettatori di tutto il mondo mentre la musica del Novecento è impensabile senza i contributi fondamentali dei grandi compositori viennesi Gustav Mahler, Arnold Schönberg, Alban Berg e Anton von Webern.
Nei primi anni del Novecento, Sigmund Freud pubblicò i suoi scritti sulla Psicoanalisi che rivoluzionarono completamente l’approccio alle malattie psichiatriche influenzando anche altri campi come la letteratura. Arthur Schnitzler può essere considerato il Doppelgänger di Freud nella letteratura e il suo monologo interiore diede un contributo fondamentale alla letteratura europea del Novecento (basti pensare al Stream of consciousness di James Joyce, Virginia Woolf, Marcel Proust o Alfred Döblin).
Arte e architettura
Siccome tra il 1870 e il 1910 la popolazione della capitale del vasto impero era più che raddoppiata, vi era bisogno di nuove infrastrutture. A partire dal 1894 l’architetto Otto Wagner (1841 – 1918) fu nominato sovraintendente alla costruzione della rete ferroviaria urbana. Allora era già professore universitario presso l’Accademia di belle arti di Vienna e la sua nomina costituì una novità visto che di norma la realizzazione di opere urbanistiche del genere veniva affidata ad ingegneri. Wagner curò la bellezza fino al minimo dettaglio e oggi la rete ferroviaria viennese con le fermate, i ponti, i padiglioni e le ringhiere uniformi è considerata un’opera architettonica di grande pregio e un magnifico esempio del primo Jugendstil.
Nel 1897 Gustav Klimt, Carl Moll ed altri artisti fondarono la Secessione viennese e il giovane architetto Joseph Maria Olbrich costruì il famoso Palazzo della Secessione come spazio espositivo ufficiale. Era allievo di Otto Wagner e partendo da un disegno di Klimt aveva eseguito l’edificio tra il 1897 e il 1898. Sopra l’ingresso campeggia il famoso motto: “Der Zeit ihre Kunst / der Kunst ihre Freiheit” (A ogni epoca la sua arte, all’arte la sua libertà). La costruzione è sovrastata da una caratteristica cupola sferica composta da foglie di lauro dorate. Sulla facciata si legge anche la scritta Ver Sacrum, il nome della rivista del movimento secessionista che fu pubblicata tra il 1898 e il 1903. Nel 1899 anche il quasi sessantenne professore universitario Otto Wagner si unì ai giovani artisti della Secessione. I membri della Secessione organizzarono anche mostre su altri pittori come per esempio Vincent Van Gogh. I fiori di Klimt sono ispirati al maestro olandese le cui opere aveva potuto ammirare alla Secessione nel 1903 e poi ancora nel 1906 nella Galerie Miethke in una grande mostra monografica.
Gustav Klimt (1862 – 1918) è universalmente riconosciuto uno dei rappresentanti maggiori della Secessione viennese. Aveva iniziato ad ottenere importanti commissioni pubbliche già prima dei suoi trent’anni. Il suo primo quadro famoso è L’interno del Vecchio Burgtheater di Vienna del 1888 al quale aveva lavorato con il suo socio Franz Matsch. Siccome le autorità avevano deciso di abbattere il Vecchio Burgtheater era stata richiesta a Klimt und fedelissima rappresentazione dell’ambiente con le dimensioni esatte degli spazi e con i personaggi dell’epoca identificabili dai loro volti. Il quadro fu premiato dall’Imperatore Francesco Giuseppe e aprì al giovane Klimt la strada per altre prestigiose commissioni pubbliche.
Tra il 1890 e il 1891 eseguì le decorazioni neoclassiche dello scalone del Kunsthistorisches Museum (KHM) insieme a suo fratello Ernst (scomparso prematuramente nel 1892) e a Franz Matsch. I tre formavano una Maler-Compagnie, una piccola società artistica, e gestivano un atelier. Il museo della storia dell’arte di Vienna fu fortemente voluto dall’imperatore Francesco Giuseppe e inaugurato nell’ottobre del 1891. Vista l’altezza dell’edificio le decorazioni degli intercolumni e delle lunette sono molto lontane dagli occhi del visitatore e perciò difficilmente ammirabili. Per il centenario della morte dell’artista è stata installata una passerella che permette di ammirare le opere da vicino (Stairway to Klimt).
Klimt suscitò anche parecchi scandali negli ambienti culturali della capitale. L’erotismo della Nuda Veritas del 1899 fu un affronto alla mentalità tradizionalista e spiega la Secessione dagli ambienti conservatori dell’arte accademica dell’epoca. Nel 1903 l’università di Vienna gli aveva commissionato la decorazione del soffitto dell’aula magna con le figure di Filosofia, Medicina e Giurisprudenza a rappresentare le facoltà. Le opere fecero scalpore in quanto troppo sensuali e furono considerate inadatte per l’utilizzo previsto. Anni dopo l’artista le riacquistò dallo stato ma l’esperienza negativa avrebbe segnato la fine delle commissioni pubbliche.
Lo stile aureo delle opere più celebri di Klimt trasse ispirazione dai mosaici bizantini di Venezia e Ravenna dove l’artista si recò in visita nel 1903. I capolavori in questo stile sfarzoso sono la Giuditta I (1901), il Ritratto di Adele Bloch-Bauer (1907) e il famosissimo Bacio (1907/1908). Della Giuditta esistono addirittura due versioni e l’artista la rese molto diversamente da tante altre Giuditte del passato, come ad esempio la “Giuditta che decapita Oloferne” analizzata nel post su Artemisia Gentileschi. Klimt rimase per tutta la sua esistenza una figura molto importante per la vita culturale di Vienna ed influenzò molti giovani artisti come Schiele. La sua compagna era la commerciante e disegnatrice di abiti Emilie Flöge (1874 – 1951) che Klimt immortalò nel Ritratto di Emilie Flöge del 1902. Insieme alle sue sorelle gestiva un atelier di moda, il famoso Salon Schwestern Flöge che all’apice del suo successo dava lavoro a più di 80 dipendenti e fu arredato in stile secessionista dalla Wiener Werkstätte.
La “Wiener Werkstätte” (Ditta viennese di arti applicate) nacque nel 1903 grazie ai suoi padri fondatori l’architetto Josef Hoffmann (1870 – 1956), il pittore Kolo Moser (1868 – 1918) e il banchiere e collezionista d’arte Fritz Wärndorfer. L’idea di fondo era una collaborazione tra artista e artigiano dove il primo forniva l’idea e il secondo si occupava della realizzazione di oggetti domestici.
Nella Wiener Werkstätte venivano costruiti mobili (oggi li chiameremo di “design”) ma ci si occupava anche della realizzazione di gioielli, bicchieri, borse, vasi, teiere, della rilegatura di libri e della stampa di tessuti. Tutti questi oggetti erano semplici, ma di grande qualità e soprattutto funzionali. Moser e Hoffman già nei primi anni del Novecento si erano resi conto che la produzione a basso prezzo danneggiava i lavoratori e la dignità dell’uomo.
Un altro importante architetto dell’epoca fu Adolf Loos (1870 – 1933). Il suo stile era particolarmente austero e detestava gli ornamenti a tal punto da scrivere nel 1908 un saggio dal titolo Ornament und Verbrechen (Ornamento e delitto). A causa del suo stile architettonico “minimalista” può essere considerato un antagonista dei Secessionisti. Progettò una casa davanti al palazzo imperiale (Hofburg) che a causa della mancanza di ornamenti fu chiamata “la casa senza sopracciglia”. In quella costruzione compensava la mancanza di ornamenti con i materiali di alto pregio ai quali teneva. Si narra che l’imperatore (di gusti piuttosto tradizionalisti) trovasse la casa talmente orribile da non voler più utilizzare l’uscita della Hofburg che affacciava sulla Michaelerplatz. Loos curò anche l’arredamento interno del Café Museum, un importante ritrovo per gli artisti e letterati dell’epoca. Nella sua visione l’architettura era da escludere dalle arti in quanto funzionale ad uno scopo.[1] Loos era amico di Karl Kraus e i due avevano in comune (seppur in campi diversi) la critica spietata e polemizzante dei gusti e degli atteggiamenti della loro epoca che consideravano entrambi “marcia” e prossima alla rovina. Loos influenzò profondamente tutta l’architettura moderna.
Il diciottenne Egon Schiele (1890 – 1918) scoprì Klimt alla Kunstschau del 1908 dove venivano esposte 16 opere tra le quali anche il Bacio. Insieme al pittore e drammaturgo Oskar Kokoschka, Schiele è considerato il più importante rappresentante austriaco dell’Espressionismo. Dipinse innumerevoli ritratti (tra i quali moltissimi autoritratti) e le sue opere rispecchiano la fragilità dell’uomo e l’interesse per l’introspezione psicologica. Molti dei suoi quadri raffigurano uomini o donne in posizioni contorte e all’epoca i suoi nudi non furono venduti sul mercato dell’arte bensì su quello pornografico. Nei ritratti colpiscono le mani sempre troppo grandi e spesso deformi, gli sguardi molto penetranti e la frequente assenza di sfondi che mette in risalto i personaggi raffigurati.
Un’opera molto espressiva e intensa di Schiele è La morte e la fanciulla del 1915. Vengono rappresentati lo stesso Schiele e la sua fidanzata Wally (Walpurga Neuzil). Entrambi hanno un aspetto desolato e disperato mentre si abbracciano per l’ultima volta data la fine della loro relazione. Il quadro è molto cupo e minaccioso e oltre alla morte del legame tra i due personaggi raffigura anche un mondo in subbuglio. Il vecchio mondo è vicino al tramonto e quello nuovo appare scomposto e sinistro. La prima guerra mondiale dichiarata dall’Impero austriaco avrebbe segnato anche la sua fine. Nel quadro è chiaramente identificabile la figura dominante, colui che abbandona la ragazza che stringe a sé per sposare un’altra.
Dopo aver convissuto con Wally per 4 anni, nei quali la giovane lavorò anche come modella, i due stavano per lasciarsi perché Schiele aveva trovato un partito più vantaggioso e meglio visto in società, la giovane Edith Harms che sposò nel 1915. Lo scoppio della prima guerra mondiale condizionò negativamente l’apice della sua carriera artistica e anche il suo matrimonio fu di breve durata: Egon e Edith morirono entrambi nel 1918 contagiati dall’influenza spagnola che in Europa fece 20 milioni di vittime. Uno degli ultimi quadri di Schiele rappresenta una famiglia mai esistita: Egon, Edith e il bambino che portava in grembo. Anche Wally Neuzil che dopo la rottura con Schiele era partita come infermiera volontaria morì giovanissima ancor prima dei coniugi.
Psicoanalisi e letteratura
Uno dei motivi per cui nei licei austriaci ancor oggi si studia psicologia come materia obbligatoria si potrebbe ricercare negli importanti contributi con cui alcuni connazionali rivoluzionarono la terapia delle malattie psichiatriche a cavallo tra l’Otto- e il Novecento. La figura di spicco in questo campo è senz’altro Sigmund Freud (1856 – 1939), il quale era stato allievo del noto neurologo Jean Martin Charcot alla Salpêtrière di Parigi dove venivano curati anche pazienti malati di isteria. Charcot era riuscito a dimostrare che quella malattia era di origine psicologica e la curava con l’ipnosi.
Freud rinunciò presto all’ipnosi e cominciò ad elaborare la Psicoanalisi come un colloquio tra paziente e terapista. Nel 1900 pubblicò la sua Traumdeutung (Interpretazione dei sogni) che sta alla base della psicoanalisi. Nell’opera Freud tentava di interpretare i sogni spesso caotici cercando in loro angosce e desideri nascosti. I contenuti manifesti dei sogni nasconderebbero manifestazioni latenti dell’inconscio che andrebbero decifrate. Le sue teorie influenzarono anche la letteratura e la psicologia letteraria. Per Freud l’interpretazione dei sogni costituiva “la via regia che porta alla conoscenza dell’inconscio”[2] e nei suoi studi si concentrava sul legame tra le malattie nervose e gli impulsi sessuali condizionati dalla morale.
Secondo il neurologo e psichiatra viennese la possibilità di ammalarsi di nevrosi o meno dipendeva dalla quantità della libido e dalle possibilità di appagarla: i sintomi nervosi sarebbero appunto un sostituto all’appagamento degli istinti sessuali. Un’altra celebre teoria di Freud sono le tre umiliazioni dell’umanità (Kränkungen) che avrebbero mortificato l’orgoglio umano: 1) La scoperta di Copernico che il nostro mondo non si trova al centro dell’universo e che gli altri pianeti non girano intorno a noi. 2) Le scoperte di Darwin sulle nostre origini nel regno animale. 3) La scoperta dell’inconscio da parte di Freud stesso che comporta istinti e pulsioni non controllabili razionalmente dalla coscienza a causa delle quali non siamo più “padroni di casa nostra”.[3]
Nel 1908 nacque la società psicoanalitica e lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung fu uno dei primi stranieri ad aderire. Anche se alcuni anni più tardi sia Jung che Alfred Adler, che successivamente avrebbe sviluppato la Psicologia individuale, prenderanno le distanze dal maestro, l’importanza di Freud per la psicoterapia moderna è centrale. Ancor oggi molti concetti chiave della psicoanalisi applicata trovano le loro origini nelle teorie che il psichiatra viennese aveva elaborato all’inizio del Novecento (p.es. il transfert e il controtransfert tra paziente e analista).
L’autore e medico Arthur Schnitzler (1862 – 1931) si era completamente allontanato dal Naturalismo e aveva rivoluzionato la letteratura con il suo stile impressionista, introducendo per la prima volta il monologo interiore in un’opera letteraria. Secondo l’amico Freud, che lo considerava il suo Doppelgänger nella letteratura, le sue opere avrebbero sconvolto le sicurezze culturali e convenzionali dell’epoca. Sia la Traumdeutung di Freud che il Leutnant Gustl (Il sottotenente Gustl) di Schnitzler sono del 1900 anche se la prima opera era stata antidatata di qualche mese.[4] Il racconto di Schnitzler non prevede un narratore ed è interamente scritto in un lungo monologo interiore. Ha in comune con lo Švejk di Hašek la posizione antimilitarista e l’atteggiamento critico nei confronti dell’esercito asburgico.
Il protagonista del racconto trasmette tutto quello che pensa e sperimenta, i suoi ricordi e le sue paure direttamente al lettore senza passare da un narratore. Siamo di fronte alla risposta della letteratura alle teorie psicologiche del momento. Il caos all’interno del personaggio è lo stesso al quale aveva iniziato ad interessarsi la psicologia. Il testo non fece scalpore soltanto per il suo stile nuovo, fu condannato dalla monarchia austro-ungarica anche in quanto l’autore (un medico militare) avrebbe danneggiato l’onore dell’esercito. Nel Leutnant Gustl questo onore (spesso assurdo e crudele) viene ridicolizzato e vengono apertamente criticati anche l’antisemitismo e il razzismo dell’epoca. Altre opere importanti di Schnitzler sono Anatol del 1893 Fräulein Else (La signorina Else) del 1924 e la Traumnovelle (Doppio sogno) del 1926.
L’epoca d’oro della Belle Èpoque a Vienna terminò con un’apocalisse dai tanti presagi: lo scoppio della prima guerra mondiale. Dopo quattro lunghi anni e molte perdite di vite umane la grande guerra finì, ma nel 1918 a Vienna niente era come prima. Due anni dopo la morte di Francesco Giuseppe che per ben 68 anni aveva guidato i destini dell’Impero austro-ungarico quell’anno segnó la fine della monarchia. Con la morte di Gustav Klimt, Otto Wagner, Kolo Moser e il 28enne Egon Schiele nel 1918 si chiuse anche una delle epoche artistiche più floride nella storia della capitale austriaca.
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[1] „Die Architektur gehört nicht unter die Künste. Nur ein ganz kleiner Teil der Architektur gehört der Kunst an: das Grabmal und das Denkmal. Alles, was einem Zweck dient, ist aus dem Reiche der Kunst auszuschließen!“ (Adolf Loos: Ins Leere Gesprochen, 1921)
[2] Cfr. Sigmund Freud: Die Traumdeutung. Franz Deuticke: Leipzig und Wien 1939, pag. 415
[3] Cfr. Sigmund Freud: „Eine Schwierigkeit der Psychoanalyse“ in: Dorothee Kimmich, Rolf Günter Renner, Bernd Stiegler (Hrsg.): Texte zur Literaturtheorie der Gegenwart. Stuttgart: Philipp Reclam jun. 1996, p. 164f
[4] Cfr. Rolf Grimminger: „Der Sturz der alten Ideale. Sprachkrise, Sprachkritik und die Jahrhundertwende“ in: Rolf Grimminger, Jurij Murasov, Jörn Stückrath (Hrsg.): Literarische Moderne. Europäische Literatur im 19. Und 20. Jahrhundert. Reinbek bei Hamburg: Rowohlt, 1995, p. 181
7 risposte su “La cultura a Vienna nel periodo della Belle Époque”
Bell’articolo, specie l’ultima parte sulla nascita della psicanalisi… però pensando alla Vienna di quel periodo mi viene in mente anche la musica. Qui non se ne parla molto… c’è un motivo o è casuale?
Buongiorno Alberto,
sono contenta che le sia piaciuto l’articolo. C’è un motivo preciso perché nell’articolo non si parla di musica: verrà trattata in un secondo post dove avremo occasione di parlare anche delle donne (che in quel periodo storico hanno ottenuto importanti traguardi) e della vita culturale e letteraria in generale. Approfondiremo anche la cosiddetta “Kaffeehausliteratur”, la letteratura scritta nei caffè viennesi che all’epoca erano una vera istituzione come scrive Stefan Zweig nel suo “Mondo di ieri”.
Klimt e Schiele sono i due motivi per cui sogno di essere catapultata nella Vienna di fine Ottocento, tipo “Midnight in Paris” di Woody Allen.
Hai ragione Lucia! Se ti piace la Vienna di quel periodo ti consiglio di leggere “The age of insight. The quest to understand the unconscious in art, mind and brain. From Vienna 1900 to the present” di Eric R. Kandel (L’età dell’inconscio. Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni). L’ho scoperto dopo aver scritto il post, ma lo trovo interessantissimo, soprattutto per gli approfondimenti nel campo della psichiatria e delle neuroscienze che sono appunto il campo di ricerca di Kandel. Ci sarà poi un altro post sulla musica, sui saloni letterari/la vita culturale e sulle conquiste delle donne in quel periodo. Trovo affascinante l’influenza delle scoperte mediche e scientifiche dell’epoca sulle opere di Klimt e Schiele e la stretta vicinanza dei vari ambienti culturali e non (musica, letteratura, medicina, psicologia, arte).
E’ esattamente quello che interessa anche a me: la commistione tra scoperte psicologiche e scientifiche e arte (in tutte le sue forme). Cercherò il libro che mi hai consigliato, allora.
Articolo interessantissimo: Vienna è per me l’emblema della Città perfetta tutt’oggi, antica e nello stesso tempo tecnologicamente “connessa” all’Europa. Mi sapresti indicare se esiste un saggio o uno studio/analisi critica sul panorama culturale e, più specificatamente letterario, di Vienna tra la fine degli anni 80 e l’inizio della prima guerra mondiale? Grazie
Buonasera Riccardo, sono contenta che ha apprezzato l’articolo. Sul blog c’è un altro su Vienna (la seconda parte del presente articolo) e recentemente ho postato uno sul pittore Oskar Kokoschka. Per gli studi che mi chiede c’è uno di Gotthard Wunberg dal titolo “Die Wiener Moderne. Literatur, Kunst und Musik zwischen 1890 und 1910”. Poi le consiglio una mostra permanente al Leopold Museum “Wien 1900 Aufbruch in die Moderne”: https://www.leopoldmuseum.org/en/exhibitions/107/vienna-1900 Sto leggendo proprio ora il catalogo della mostra che contiene anche molti contributi letterari. Se poi le piace l’atmosfera di Vienna potrebbe leggere anche i romanzi di Heimito von Doderer, “Die Strudelhofstiege” e “Die Dämonen”. Sono ambientati negli anni 20 e la città è una vera protagonista. Ci saranno altri articoli su Vienna, torni quindi a trovarci. Può anche iscriversi alla newsletter.